CALABRIA PREISTORICA

 GIGANTI DI PIETRA A CAMPANA

UN LUOGO IDEALE PER UN POSSIBILE RITROVAMENTO DI UN ANTICO TESORO

“Suggestioni di magiche credenze all’Incavallicata…Grige pietre giganti poste a guardia del tesoro stregato…I castagni variopinti a novembre cospargono il pendio…Mentre sul costone opposto Campana sonnecchiosa si distende lunga tra case vecchie e nuove…”. A scattare l’istantanea di una Campana carica di antiche emozioni è  Luigi Renzo nel suo libro intitolato “Campana, itinerari di storia”, un omaggio dell’autore al suo paese natìo, edito da Studio Zeta 1997. E’ evidente che le Pietre dell’Incavallicata (così si chiamano) hanno rappresentato da sempre nell’immagginario collettivo del popolo campanese quel luogo ideale per un possibile ritrovamento di un antico tesoro. Oltretutto questa credenza popolare è comune in decine di paesi calabresi. C’è chi lo vuole (il tesoro s’intende) situato sotto un enorme masso posto ai margini del paese come nel caso di Longobucco, c’è chi lo immagina nascosto in una grotta alle spalle del Santuario di San Francesco di Paola, chi sotto una pietra del vecchio castello a Cassano… e l’elenco potrebbe continuare di molto. Impossessarsi di questo tesoro, tuttavia, non è cosa facile perché richiede il sacrificio di un bambino. E’ questa una costante (o quasi) in tutte le località che però si sviluppa in forme diverse. Ad Altomonte dopo aver ucciso il bambino bisogna sacrificare anche un montone. A Serra Pedace bisogna estrapolarne il fegato (del bimbo) e batterlo violentemente per tre volte sul masso o roccia che nasconde il tesoro. Solo a pensarla una simile scena fa rabbrividire…. Come fare dunque per evitarla? L’apparizione di una gallina nera può essere interpretato come un indizio favorevole per il rinvenimento del tesoro ed allora il sacrificio deve essere compiuto. Ma nel caso la gallina fosse bianca è inutile tentare. Il rituale delle Pietre dell’Incavallicata ha per protagonisti due sposini in luna di miele che dopo aver sacrificato il bambino devono mangiare sul posto una frittata di uova. Anche in questo racconto esistono numerose “variabili”. In alcune versioni il tutto deve avvenire di notte con la luna piena e le uova sono tre per alcuni, sei per altri.

A risvegliare l’interesse per le meravigliose pietre di Campana, nella Sila Greca, ci ha pensato Domenico Canino (che di tesoro non vuol sentir parlare) con un suo recente articolo pubblicato sul “Quotidiano della Calabria” a cui hanno fatto seguito alcuni servizi televisivi RAI tra cui quello nella trasmissione a carattere scientifico dal titolo “Leonardo”. Da qui, come per incanto, è iniziato un timido tentativo di “pellegrinaggio” da parte dei campanesi rientrati in paese per le vacanze pasquali oltre che dagli stessi residenti.  C’è stata una gran voglia di “rivederle meglio” le due pietre. Eppure sono lì da sempre con la loro imponenza: la prima ha le sembianze di un elefante alto cinque metri circa, compresa  la base rocciosa. Sono ben visibili la proboscide e le zanne, il resto non è così nitido. Colpa forse dell’azione erosiva del tempo, quella stessa azione che insieme alla bizzarrìa della natura avrebbe potuto concepire la forma dell’animale. La seconda pietra non è “leggibile” come la prima, molti campanesi la interpretano come la testa di un cagnolino o di un orsacchiotto. Canino invece nel suo articolo parla di due gambe umane (forse un guerriero) dalle ginocchia in giù, che nonostante la mutilazione del resto del corpo, raggiungono l’altezza di sei metri. E’ davvero da sogno la sua conclusione: “…Se per uno strano caso le analisi confermassero l’antichità dei colossi di Campana, saremmo di fronte alla scultura preistorica più grande d’Europa, e fra qualche anno l’elefante della Sila Grande diverrà il simbolo della Calabria come e di più dei bronzi di Riace”. Qualora le Istituzioni locali considerassero reale questa possibilità, allora bisogna che approfittino del momento favorevole. Le Pietre dell’Incavallicata , rese più visibili dallo sbancamento di alcuni dossi, potrebbero essere collegate al altri rinvenimenti archeologici fatti in passato nelle zone Caprella, Pignataro, Santa Marina, Cozzo del Leone attraverso percorsi naturalistici, con tanto di segnaletiche e punti sosta, in modo da poter favorire un certo tipo di turismo culturale tanto osannato, in questi ultimi anni, dalla Regione Calabria.

                                                  Carlo Grillo Scrivimi

(Presidente Associazione Culturale CALABRIA LOGOS per la Riscoperta e la  Rivalutazione delle Tradizioni Popolari Calabresi)
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